
Le riflessioni che troverete in questo articolo riguardano la preparazione dell’incontro di formazione per i genitori dei bambini della scuola primaria che ho tenuto presso il Polo Scolastico Salesiano di Livorno. Di bambini e schermi si parla tanto eppure quel che è stato rilevato nel corso di questo appuntamento con i genitori riguarda la difficoltà di applicare e far rispettare delle regole malgrado “si sappia”, anche solo per passa-parola, quanto gli schermi possano incidere sulla salute psichica dei bambini.
Il primo motivo che possiamo portare per spiegare questo fenomeno riguarda il modo in cui la società occidentale si è mossa da un discorso psico-educativo di stampo autoritario ad una cultura che mette al centro l’affettività, una centratura sull’affettività che é però fobica delle varie forme che può assumere la “mancanza”. Potremo spiegare ciò dicendo che nella società contemporanea esiste un implicito per cui la frustrazione, la differenza rispetto ai pari e sentimenti negativi qualora esperiti dal bambino devono essere in qualche modo rifuggiti, che bisogna evitare che il bambino ne faccia esperienza. La psicoanalisi parla di questa macro-trasformazione del sociale sotto il titolo di “evaporazione del Nome-del-Padre”, celebre formula dovuta al lavoro scientifico e divulgativo del dott. Massimo Recalcati (2013), che lo psicoanalista milanese riprende e sviluppa da un concetto esplicitato da Lacan durante gli anni del 68′.
La tesi è chiara: il valore regolativo che svolgeva la cultura attraverso il linguaggio, non è assente, semplicemente è “in evaporazione”: il suo peso specifico è calato e i suoi effetti non regolano i soggetti come una volta. I genitori odierni dunque in parte patiscono, di questo discorso, sono soggetti disarmati, rispetto all’espressione emotiva e comportamentale dei figli.
Il secondo motivo riguarda alcune specificazioni che la ricerca scientifica sul tema evidenzia in modo incontrovertibile: il fine con cui i bambini sono esposti agli schermi cambia l’impatto che il tempo passato davanti ad essi può avere sulla psicologia del bambino e il fine peggiore appunto è quello di usare i dispositivi digitali come un “regolatore affettivo” (Radesky, Christakis, 2016), dunque un oggetto utilizzato per diminuire le espressioni di rabbia, noia e frustrazione del bambino. Questa cosa era già balzata agli occhi miei e quelli della collega pedagogista con cui ho preparato questi ciclo di incontri: basta guardarsi intorno. Entrate in un supermercato e troverete sicuramente almeno un bambino davanti ad uno smartphone o ad un tablet. Al momento dell’incontro i genitori ci hanno confermato questa esigenza. La maggior parte di loro fornisce questi dispositivi al bambino “per comodità”, per aver tempo per lavare la casa, cucinare, ordinare oppure svolgere delle attività che richiedendo al bambino un’attesa sarebbero vissute come “noiose”. Quindi, in sintesi, il secondo motivo che rende difficile per i genitori regolare il tempo che i loro figli passano sugli schermi potremo dire che riguarda il fatto che i dispositivi digitali possono essere definiti come degli strumenti “comodi” .

È evidente dunque che per fare in modo che vi sia un utilizzo virtuoso di questi dispositivi fin dai primi anni di vita del bambino, occorra che il genitore metta in discussione le proprie abitudini, il proprio ordine e il proprio tempo passato a svagarsi per sacrificare un po’ del tempo e delle proprie energie per una finalità educativa. Ancora una volta possiamo confermare che la strada dell’amore non è mai il sentiero in discesa, o il più semplice da praticare, perché il lavoro dell’educatore, che è un “seminatore”, è faticoso, e pure frustrante in quanto lo mette a confronto con l’esperienza dell’attesa e della stanchezza molto lontane dalla filosofia consumistica del “tutto e subito”, un altro grande implicito su cui spesso inconsapevolmente la donna e l’uomo contemporanei rischiano di forgiare la propria quotidianità.
Ma detto questo quali sono gli effetti di un uso prolungato degli schermi che la ricerca scientifica ha evidenziato?
Al crescere del tempo passato davanti agli schermi è stato osservato come vi sia:

- Riduzione dell’attenzione sostenuta e maggiore distraibilità (Twenge & Campbell, 2018)
- Impatto negativo sulle funzioni esecutive (memoria di lavoro, controllo inibitorio, flessibilità cognitiva) (Lillard & Peterson, 2011)
- Alterazioni della sostanza bianca cerebrale (Hutton et al., 2020)
Nei collegamenti tra i centri frontali e le aree di comprensione e produzione del linguaggio. - Maggiore irritabilità e instabilità emotiva (Canadian Paediatric Society, 2017)
- Riduzione della qualità e quantità del sonno soprattutto se usati prima di dormire (Carter et al., 2016)
- Aumento del rischio di obesità infantile legato a sedentarietà digitale (Bozzola et al., 2022)
- Maggiore fatica nel sostenere la concentrazione durante i compiti (Domingues-Montanari, 2017)
- Calo della curiosità, dell’autocontrollo e delle performance scolastiche (Twenge & Campbell, 2018)
Altri elementi interessanti che emergono approfondendo la ricerca scientifica riguardano in primo luogo ruolo della co-visione tra adulto e bambino come fattore protettivo. In qualche modo i bambini che non vengono lasciati soli davanti agli schermi hanno meno probabilità di subire un impatto negativo dall’utilizzo dei dispositivi digitali. Collegato a ciò, un fattore che media negativamente l’impatto negativo che gli schermi possono avere sui bambini è il tempo che i genitori stessi passano sugli schermi. L’importanza di questa variabile può essere spiegata in due modi: da una parte abbiamo un meccanismo di apprendimento sociale basato sull’esempio che il genitore mostra al bambino passando tanto tempo sugli schermi oppure possiamo ipotizzare che vi possa essere una variabile comune che lega sia il genitore che lascia solo il bambino davanti allo schermo sia quello che passa molto tempo davanti ai propri schermi cioè che entrambi siano poco presenti nella relazione con i propri figli.

Forse proprio il linguaggio in particolare, la presenza simbolica nella parola e nello scambio linguistico-relazionale può essere la chiave di ciò che fa davvero la differenza in questa sfida educativa. Non per niente sembrano essere i centri relativi alla funzione del linguaggio ad essere i più compromessi (come emerge sia dagli studi di neuroimaging sia da quelli che mettono in evidenza un ritardo nello sviluppo linguistico nei bambini che passano molto tempo sugli schermi).
Ha ragione forse il buon Lacan (1957) quando afferma che “il dono tipo è proprio il dono della parola” (Seminario IV, P. 188) , mettendo in evidenza come quello che nutre a livello affettivo davvero il bambino non sia l’oggetto in sé, (che sia il seno, un dispositivo digitale, un biberon ecc.. ) quanto il suo statuto simbolico, cioè che esso sia donato per amore del figlio, nel solco di una finalità educativa e del benessere di chi lo riceve, e non per la comodità “sregolata” del genitore.
BIBLIOGRAFIA
Bozzola, E., Ferrara, P., Spina, G., Villani, A., Roversi, M., Raponi, M., Corsello, G., Staiano, A., & Italian Pediatric COVID-19 Board. (2022). The pandemic within the pandemic: The surge of neuropsychological disorders in Italian children during the COVID-19 era. Italian Journal of Pediatrics, 48(1), 126.
Canadian Paediatric Society. (2017). Screen time and young children: Promoting health and development in a digital world. Paediatrics & Child Health, 22(8), 461–468.
Carter, B., Rees, P., Hale, L., Bhattacharjee, D., & Paradkar, M. S. (2016). Association between portable screen-based media device access or use and sleep outcomes: A systematic review and meta-analysis. JAMA Pediatrics, 170(12), 1202–1208.
Domingues-Montanari, S. (2017). Clinical and psychological effects of excessive screen time on children. Journal of Paediatrics and Child Health, 53(4), 333–338.
Hutton, J. S., Dudley, J., Horowitz-Kraus, T., DeWitt, T., & Holland, S. K. (2020). Associations between screen-based media use and brain white matter integrity in preschool-aged children. JAMA Pediatrics, 174(1), e193869.
Lacan, J. (1957). Il Seminario, Libro IV: La relazione d’oggetto (trad. it. 2006). Einaudi.
Lillard, A. S., & Peterson, J. (2011). The immediate impact of different types of television on young children’s executive function. Pediatrics, 128(4), 644–649.
Radesky, J. S., & Christakis, D. A. (2016). Media and young minds. Pediatrics, 138(5), e20162591.
Radesky, J. S., Kistin, C. J., Zuckerman, B., Nitzberg, K., Gross, J., Kaplan-Sanoff, M., Augustyn, M., & Silverstein, M. (2014). Patterns of mobile device use by caregivers and children during meals in fast food restaurants. Pediatrics, 133(4), e843–e849.
Recalcati, M. (2013). Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre. Feltrinelli.
Twenge, J. M., & Campbell, W. K. (2018). Associations between screen time and lower psychological well-being among children and adolescents: Evidence from a population-based study. Preventive Medicine Reports, 12, 271–283.
