Psicologo, psichiatra, psicoterapeuta, psicoanalista: come orientarsi?

Una breve guida per orientarsi nel labirintico “mondo psi”

Psicologo, psichiatra, psicoterapeuta e psicoanalista . Quotidianamente sentiamo i nomi di queste professionalità eppure spesso le differenze continuano a non essere ben note, almeno ai non addetti ai lavori. Innanzi tutto partiamo di ciò che hanno in comune, a partire dalla radice etimologica che li accomuna: psi. La derivazione di questo prefisso è la parola greca psyché (ψυχή), una parola che assume molti significati e, malgrado le diverse sfumature, può essere accostata all’italiano anima. La radice etimologica psiché viene utilizzata nella modernità (a partire dai primi dell’ Ottocento) per nominare sia la disciplina medico-scientifica che si occupa della conoscenza delle “malattie mentali” (psichiatria), sia per quella che si occupa del tentativo di curarle (psicoterapia). In seguito nasce anche la disciplina della psicologia come tentativo di uno studio scientifico della “psiché” che non fosse limitato allo studio del cervello.

Un discorso sull’animo umano infatti, sebbene sia sempre stato presente a livello filosofico e religioso, non era mai stato declinato a livello scientifico come studio della mente. Questo concetto, il concetto di mente, può essere considerato come la traduzione a livello scientifico della parola greca psyché, attuata al fine di una presa di distanza da qualsiasi concezione spirituale o religiosa.

Lo psichiatra è proprio la prima figura che emerge a livello storico. Lo psichiatra è, ancora oggi, un medico che dopo aver conseguito la laurea intraprende la specializzazione in psichiatria. La psichiatria studia la mente umana al fine di poterla curare. Lo psichiatra ha la possibilità di prescrivere psicofarmaci in aiuto o come unico strumento della terapia. A differenza dello psichiatra, lo psicologo non psichiatra non può prescrivere farmaci.

Infatti lo psicologo, differisce per formazione dallo psichiatra. Psicologo è colui che ha conseguito una laurea in psicologia e in seguito alla laurea ha conseguito l’esame di stato per l’iscrizione all’albo degli psicologi. La figura dello psicologo è stata istituita tramite la legge del 18 febbraio 1989, n. 56 e assume che lo psicologo:

“comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito

L. 18 febbraio 1989, n. 56

Lo psicologo non interviene solo in ambito clinico, ma può dedicare la propria ricerca e il proprio intervento in altri ambiti, come quello educativo, scolastico, sportivo ecc..

Ben più sfumata e controversa è la differenza tra psicologo e psicoterapeuta. Quest’ultimo può essere definito come colui che può operare una psicoterapia e può riuscire, tramite un intervento organizzato in sedute psicoterapiche a “guarire” una persona da un “disturbo mentale”. Lo psicoterapeuta può essere sia uno psicologo che un medico che ha percorso un corso di almeno quattro anni di scuola di specializzazione in psicoterapia. Nel corso di specializzazione vengono apprese specifiche tecniche e teorie che lo psicologo o il medico possono utilizzare per poter operare una psicoterapia. Un’ulteriore difficoltà è data dal fatto che sia molto difficile orientarsi tra le varie scuole di psicoterapia. Ne esistono infatti molte e ciascuna fa capo a fondatori e teorie differenti.

Rispetto alle differenze tra psicologo e psicoterapeuta, possiamo dire, senza entrare nello specifico (clicca per sapere di più), che le differenze di intervento sono sfumate e difficili da concettualizzare; inoltre non tutti i modelli teorico-clinici concepiscono l’utilizzo della diagnosi in psicologia clinica, prendendo le distanze dall’applicazione di un modello medico (basato su diagnosi-cura) in psicologia. Per questo motivo tendono a non adottare il termine psicoterapia per nominare i loro interventi.

Per quanto riguarda la figura dello psicoanalista, non vi è, in termini legislativi alcuna differenziazione fra esso e lo psicoterapeuta. Se dovessimo estrapolare una definizione dello psicoanalista tenendo conto della legislazione potrebbe essere definito come colui che si specializza in una scuola di psicoterapia il cui orientamento tecnico teorico si definisce psicoanalitico. A questa breve definizione possiamo aggiungere che generalmente lo psicoanalista, oltre ad essere uno psicoterapeuta deve acquisire una specifica formazione presso istituti che, come risulta da certi atti parlamentari e dalla successiva evoluzione della materia, vanno intesi come società o associazioni private.

Brevemente lo psicoanalista si distingue da un normale psicoterapeuta per:

  • Formazione: a ciò che abbiamo precedentemente messo in luce, dobbiamo aggiungere la necessità di aver concluso una psicoanalisi personale (cioè da paziente).
  • Utilizzo del setting: cioè l’insieme delle tecniche, del tempo e dello spazio terapeutico. Alcuni di questi elementi sono: la seduta di 45/50 minuti o quella a tempo variabile, la tecnica delle libere associazione, l’analisi dei sogni e del transfert (fattore fondamentale della relazione analitica).
  • Teoria: pur esistendo molte differenze tra le varie scuole e associazioni psicoanalitiche sul modo di praticare la psicoanalisi possiamo dire che tutte tengono ferme il concetto di inconscio e si focalizzano pertanto sull’analisi del materiale inconscio per come esso emerge nella seduta analitica.

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