Freud e Celine: la storia nascosta degli uomini

Il testo di Freud sulla scrittura del caso noto come L’uomo dei topi del 1909 riflette sul delicato equilibrio che la presentazione di un caso clinico richiede. Per preservare l’anonimato del paziente, si rende necessario distorcere informazioni riconoscibili pubblicamente, quelle che potrebbero identificare la persona in questione. Questa pratica, secondo Freud, crea un paradosso: è sicuro rivelare pubblicamente i segreti più intimi di un paziente, che sono in realtà quelli fondamentali per spiegare la sofferenza del paziente, che comunque non lo rendono riconoscibile a livello pubblico, piuttosto che divulgare le caratteristiche più innocenti e comuni della sua persona, che lo renderebbero facilmente identificabile.
Louis-Ferdinand Celine ripercorre questo punto nel suo romanzo, “Voyage au bout de la nuit”, mostrando di essere un profondo conoscitore dell’animo umano. Il protagonista, Ferdinand, personaggio di derivazione autobiografica, sul fronte della prima guerra mondiale, dopo un periodo di licenza per essere stato ferito viene ricoverato in una struttura psichiatrica in quanto il trauma della guerra irrompe nella tranquillità della sua vita manifestandosi sottoforma di allucinazioni e una serie di sintomi che oggi sarebbero ascrivibili al PTSD (acronimo inglese per disturbo post traumatico da stress) . Egli sente di essere minacciato dalla morte anche a distanza dal fronte: tra le tranquille vie di Parigi. All’interno della struttura psichiatrica egli avrà modo di scoprire, conoscendo le persone, come a sostenere i vari sintomi traumatici vi siano diverse storie e come ciascuno abbia in qualche modo “inventato” il suo sintomo, chi consapevolmente per fuggire alla morte a cui destina la guerra, chi in maniera inconscia. Tutto sommato, afferma Celine, che sia cosciente o meno è il sentimento della paura che sostiene il sintomo, creando l’espediente della pazzia per sfuggire alla guerra. Né i medici, né il personale della struttura è in grado di distinguere il malato vero da quello fittizio, la situazione psichiatrica e la vicenda umana si confondono e si intrecciano: sono la stessa cosa. E’ a partire da ciò che egli afferma: “Tutto quello che è interessante accade nell’ombra, davvero. Non si sa nulla della vera storia degli uomini”.
Il nesso con il lavoro analitico è lampante: anche la pratica inaugurata da Freud, afferma che la vera ragione degli individui risiede nei recessi nascosti della loro storia. La psicoanalisi, attraverso l’indagine dei sintomi manifesti, si immerge nell’oscurità della psiche umana per svelare i motivi che non appaino in superficie, socialmente e spesso nascosti dietro il comportamento apparente, “pubblico”.
Per questo l’ascolto analitico e le sue domande puntano alla verità, alla “vera storia degli uomini”. E’ la verità occulta del (o occultata dal) singolo che ha di mira la pratica analitica. Per questo il destino della sua teoria sarà sempre quello di essere sbalzata fuori con un calcio dall’edificio della scienza, salvo ritornarci quotidianamente grazie al potere trasformativo della sua pratica.

“È vero che sei proprio diventato pazzo, Ferdinand? mi chiese lei un giovedì.
-Lo sono! confessai
-Allora ti cureranno qui?
-Non si cura mica la paura, Lola.
-Hai dunque così tanta paura?
-Anche molta di più Lola, così paura, vedi, che se muoio di morte naturale, io, più avanti, voglio soprattutto che non mi brucino. [..] Chissamai! Mentre se mi riducono in cenere, Lola, tu capisci, sarebbe finita, proprio finita… Uno scheletro, malgrado tutto, assomiglia ancora un po’ a un uomo… È sempre più pronto a rivivere che delle ceneri… Le ceneri è finita!… Che ne dici?… Allora, nevvero, la guerra…
-Oh! Ma allora sei proprio un vigliacco, Ferdinand! Tu sei ripugnante come un topo…”

in copertina, disegno di Otto Dix, Dalla serie “der Krieg”, 1924

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